CITAZIONE (Sbarba! @ 20/11/2012, 18:32)
vorrei chiedere a giuliano dei negramaro (che tra l'altro una volta ho avuto la fortuna di incontrare, senza però sapere chi fosse), visto che ha citato celine qualche pagina fa.. cosa mi consigli di leggere oltre a viaggio al termine della notte e morte a credito?
Matteo Marani
Dallo scudetto ad Auschwitz
Vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo
L'ebreo ungherese Arpad Weisz fu uno degli allenatori più forti degli anni trenta. Vincitore di uno scudetto nel 1929-30 con l'Ambrosiana-Inter( nome fascistizzato dell'Internazionale) dove scoprì anche il giovane Peppin Meazza e di due scudetti con il Bologna nel 1935-36 e nel 1936-37 era uno dei profeti del c.d Metodo, un sistema tattico che prevedeva davanti al portiere la linea dei terzini, quello destro e quello sinistro davanti ai quali si posizionava la linea dei mediani, il destro, il centromediano (chiamato anche centrosostegno) che spesso doveva marcare il l Centro Avanti avversario e proporre ogni nuova azione offensiva , e il mediano sinistro. L'attacco era a cinque punte con le ali, destra e sinistra, più avanzate dei tre compagni: le mezzeali destra e sinistra, e il Centro Avanti,che partiva leggermente arretrato rispetto alle mezzeali ma pronto repentinamente a proporsi come vertice altro dello schieramento d'attacco. Avrebbe sicuramente condotto il Bologna anche alla vittoria nel 1938-39 se le leggi razziali del regime non lo avessero costretto ad abbandonare l'incarico per cercare di fuggire alla fuga antisemita. Il giornalista del Guerin Sportivo, Matteo Marani, ne ricostruisce la vita e l'attività professionale fino all'odissea che lo porterà a morire nel lager di Auschwitz
ecco un breve passo del libro
“In una domenica pomeriggio che per il pubblico è stata di divertimento, lui ha finito solo da poco di lavorare. Weisz è un allenatore, un allenatore di calcio da una dozzina di anni. In pratica, ha cominciato quando veniva calata la prima pietra di questo stadio fuori dal quale si trova adesso ad attendere i giocatori…Weisz si cala ancora più bassa la tesa del cappello, per sfuggire alla timidezza che lo esclude da ogni foto o rito pubblico, e si lascia alle spalle lo stadio con i suoi bambini.Per tornare a casa, non ha che da compiere un breve tratto a piedi, meno di un chilometro. E’ quello il momento migliore per l’incontro ravvicinato con se stesso…Nella freschezza della sera scorre qualcosa di pungente e sinistro, qualcosa non colto finora. E’ un gelo che arriva da lontano. Non è l’estate che si annuncia, è piuttosto un nuovo inverno dopo l’inverno che già pareva alle spalle. E’ il momento più bello della sua vita e dista appena nove mesi dalla fuga dall’Italia, meno di quattro anni dall’inferno di Auschwitz, meno di sei dalla fine di tutto.”