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LIVORNO

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dasvidania Cristiano
view post Posted on 29/4/2008, 20:48 by: dasvidania Cristiano     +1   -1




Perché sto con Lucarelli

Che allora sia calcio. Il Livorno di Tavano contro il Parma di Morrone e Lucarelli. Strano questo gioco. Strani gli affari di mercato, le scelte che ti vengono poste di volta in volta. E’ un ambiente maledetto, dove resti in piedi se hai il giubbotto antiproiettile e il pelo sullo stomaco, dove una stretta di mano, una telefonata, può risolverti un campionato intero. E dove il potere conta. Non è un caso che il senatore a vita Giulio Andreotti - ancora lui, perché democristiani si muore - al massimo del suo splendore politico, concesse tutto agli avversari, anche un paio di presidenze del consiglio (Spadolini e Craxi), ma non rinunciò mai, per conto della sua Dc, al ministero degli Esteri. E al Coni. Tra i tanti compromessi queste sono le due poltrone che i democristiani non hanno mai mollato: il mondo e lo sport, il calcio soprattutto. Fanno davvero ridere quelli che dicono che la politica deve restare fuori dagli stadi. E’ una delle più grandi banalità che abbia mai sentito dire. Il calcio è politica, è una macchina che macina soldi, è un palcoscenico senza eguali. In mezzo a questo ci sono campioni più o meno fortunati, i talenti e quelli mezzi e mezzi, che, rispetto agli altri, toccano gli ingaggi milionari perché qualcuno ha deciso che sia così, per simpatia o perché ha il procuratore giusto. Conosco fior di campioni che non hanno passato la linea di confine tra la provincia e la metropoli (sempre calcistica, of course) solo perché avrebbero dovuto cambiare la persona che ha seguito loro fin da piccoli, che se li è visti crescere. Qualcuno, con l’anima sotto i tacchetti lo ha fatto, altri invece si sono relegati al ruolo di grandi provinciali, ma non si sono macchiati di quello che per gli ambienti militari è un reato: il tradimento. Al tempo stesso basta sfogliare l’Almanac - co e capire chi invece, per il motivo inverso, pur mezzo scarpone, ha sempre galleggiato nell’olimpo grazie alla scuderia giusta. E’ la politica, funziona così qui, fuori di qui e all’estero. Gli americani le definiscono, in maniera legalizzata, lobby. A noi italiani legalizzare non piace mai, preferiamo accettare il sistema. Una preambolo forse tedioso, non del tutto inutile, quando ci troviamo ad affrontare l’argomento Spinelli e Lucarelli. I lettori sanno da che parte sta il sottoscritto, anche se ho fatto il possibile e ci sono riuscito perché questa faziosità neppure obbligata (l’edi - tore Lucarelli, che ci crediate o no, mai si è permesso di chiedere segue dalla prima pagina a me o alla redazione che si parlasse di lui e delle sue imprese) fosse trasferita sulle pagine del giornale. Questo è stato fatto, tanto è che il Corriere di Livorno oggi non è più il giornale di Lucarelli, ma semplicemente il giornale. Però non posso negare che io, tra Lucarelli e Spinelli, ho scelto da anni il primo, e per una lunga serie di motivi. Perché Lucarelli quando parla dice quello che pensa, e non quello che gli conviene. Perché Lucarelli ha dato molto alla mia squadra, il Livorno, e di questo gliene sarò sempre riconoscente, perché è sempre stato lui, con vizi (moltissimi, alcuni insopportabili) e virtù. Perché spesso sbaglia, quando gli basterebbe solo restare in silenzio. E la mia stima per lui è aumentata quando ha perso la partita, psicologica prima e pratica poi, contro Spinelli. Che non mi dicano il contrario quelli che oggi andranno allo stadio per fischiare Lucarelli: la partita tra i due ha avuto un vincitore in Spinelli perché lui il mondo del calcio lo impugna da politico, e la politica è capace di triturare tutto, figuriamoci un calciatore. Nel mezzo di questa vicenda Lucarelli ha sbagliato tante volte, ha parlato quando non doveva, ha risposto alle solite domande quando non c’era il bisogno. Ha vissuto le contraddizioni umane, e non quelle di un mito col quale forse aveva giocato troppo, senza capire a quale peso una condizione simile lo avrebbe portato. Ma quando è andato via da Livorno se n’è andato non da politico, ma da Lucarelli Cristiano, quello che ha sempre fatto nel corso della carriera, “il Lucarelli”. Avrebbe potuto metterlo in tasca a Spinelli (che poi è quello che lo ha venduto) ma non ha scelto questa strada. Si è assunto le sue responsabilità e ha cambiato aria perché non poteva più stare con un presidente che non lo voleva, che lo giudicava ingombrante (Spinelli lo spiega anche a Moggi in una delle tante telefonate tra i due) e pericoloso in uno spogliatoio che andava normalizzato. E’ andato via perché forse era un destino quasi naturale, scelta sofferta, ma a un certo punto forse anche obbligata. Perché di mito non si vive a lungo, rischi di esserne schiacciato. Ho spiegato le mie ragioni, e i livornesi che non condividono non me ne vogliano. Consapevoli che questo avrebbe cambiato il corso delle cose. La mia onestà e il mio mestiere mi hanno portato in maniera quasi naturale a scrivere di un argomento che avrei potuto benissimo evitare. Senza remore. Capisco quelli che si sentono traditi da Lucarelli e da quel personaggio che Lucarelli stesso ha contribuito a enfatizzare. Capisco le loro ragioni, non hanno mai metabolizzato la partenza per l’Ucraina e men che meno il ritorno al Parma, perché per un tifoso è inspiegabile e di conseguenza incomprensibile. Conta il ricordo del Lucarelli di Torino, quello che non avrebbe tirato un rigore contro il Livorno, e vederlo giocare la salvezza all’Ardenza con colori che non sono amaranto è quasi un incubo senza risveglio. Io, che sono un tifoso sì, ma all’acqua di rose, vedo le cose in modo diverso. Ma, appunto, non ho sul groppone migliaia di chilometri nei campetti di periferia, gli anni dell’in - ferno, l’attesa di un evento che ha tardato trent’anni ad arrivare. Il lavoro mi ha portato per anni lontano dalla mia città, e il mio unico mezzo era davvero il televideo: no, non può essere paragonato a coloro che hanno sofferto sui pulmini alla ricerca di una vittoria. Senza contare che non sono mai stato e né sarò mai un giornalista sportivo. Ho semplicemente un’opinione, ma aspetto di essere contraddetto con lettere, mail, dibattiti. Avrei scritto lo stesso articolo se fossi stato dipendente di Spinelli invece che di Lucarelli? No, non l’avrei fatto, non ci prendiamo per i fondelli. Ma avrei sicuramente taciuto.

Emiliano Liuzzi

fonte:corriere di livorno
 
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