| Giusto per la cronaca
Articolo del giornale locale di Verona "L'Arena" del 06.11.2005
Da un mese un trentenne bresciano è in coma dopo gli scontri allo stadio con la polizia. Gli amici in ospedale per sostenerlo
Tifoso in coma, cori sotto la sua finestra
Non vanno in trasferta per andare a Borgo Trento e fanno collette per pagare l’avvocato
di Fabiana Marcolini
Da quando Paolo, il loro «compagno di curva», è in coma a borgo Trento dopo gli scontri del dopo-partita Hellas Brescia tra la polizia e i supporter lombardi, i ragazzi della curva, i suoi amici, invece di seguire la squadra in trasferta vengono a Verona. Un centinaio, con le sciarpe e sotto la finestra del reparto di Neurochirurgia dove il trentenne è ancora ricoverato intonano canti da stadio, lo chiamano, urlano slogan. E’ forse questo l’unico aspetto «folcloristico» della vicenda che riguarda il trentenne tifoso del Brescia. Il resto sono le denunce presentate dai supporter lombardi che erano in stazione il 24 settembre e che hanno dichiarato non solo di essere stati vittime di un vero e proprio attacco da parte dei poliziotti scaligeri ma che il loro compagno è stato preso a calci dalle forze dell’ordine e non ferito da un sasso. Una denuncia e poi un’interrogazione parlamentare presentata da Paolo Cento, onorevole dei Verdi. Sia la famiglia del giovane che i ragazzi della curva hanno nominato un legale per seguire la vicenda sulla quale la procura avrebbe comunque aperto un fascicolo a carico di ignoti. «Per noi ora questo rappresenta la priorità, Paolo intendo, e non facciamo più trasferte, risparmiamo e poi facciamo collette in curva per poter pagare l’avvocato», racconta Andrea, il portavoce dei tifosi lombardi, «in questo momento ci sentiamo forti perchè ci sono foto e filmati di quello che è avvenuto in stazione, le foto di ragazze sfigurate per i colpi, martoriate sul corpo. Hanno picchiato tutti. Sono andati a far denuncia in molti il giorno dopo, un centinaio sono andati in ospedale, ci sono i referti. Per quel che riguarda Paolo il grave trauma cranico sarebbe stato causato da ripetute percosse. Vede, non ci illudiamo che qualcuno paghi per questo, speriamo solo che lui si riprenda, ma noi andiamo avanti per evitare che accadano ancora cose come questa. Se noi sbagliamo è giusto che ce ne assumiamo responsabilità ma questo vale anche per chi deve tutelare l’ordine pubblico. Quel pomeriggio la tensione è cominciata prima ancora dell’inizio della partita, per i biglietti». Passaggi e scene che hanno descritto più volte dal 24 settembre. Ma da quel giorno ogni sabato, quando il Brescia non gioca in casa, un centinaio di loro viene «in trasferta» in borgo Trento. E cantano sotto le finestre della stanza dove il loro amico è ricoverato, al primo piano della terapia intensiva. «I medici ci hanno detto che così possiamo aiutarlo e noi ogni sabato pomeriggio, invece di andare allo stadio, veniamo qui. Anche se oggi (ieri per chi legge, ndr) sono arrivati gli agenti di polizia a dirci di smettere perchè disturbavamo i pazienti e la prima volta dopo quel drammatico 24 settembre, quando siamo arrivati con uno striscione, è arrivata la Digos. Sostenevano che stavamo facendo una manifestazione non autorizzata. Noi non ci smuoviamo, in questa cosa siamo tutti uniti e andiamo avanti, lo facciamo per Paolo e per i suoi parenti, sono loro la priorità ora»
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