VIVERE ULTRAS forum: I colori ci dividono, la mentalità ci unisce! (dal 23/01/04)

Rassegna stampa amarcord, Dicevano di noi

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assenza
view post Posted on 13/5/2008, 11:02 by: assenza     +1   -1




02 dicembre 1987 MILANO -
Continuano le polemiche sugli striscioni esposti domenica allo stadio di San Siro durante Inter-Napoli: frasi offensive, asce bipenne, croci celtiche e simboli di estrema destra. In particolare nei settori occupati dai Boys dell' Inter si potevano leggere: "Napoli Club Addis Abeba", "Droga e terroni le piaghe dell' Italia", "Il tricolore non cancella l' odore", "Magico Zenga resta in Italia, non andare all' estero". Ieri l' Inter ha preso le distanze dall' atteggiamento di questi tifosi con un comunicato. La società, in particolare, "depreca fortemente i contenuti di natura politica e razzista degli striscioni apparsi sulle gradinate. Rifiuta però ogni tentativo di identificazione fra una delle curve più corrette e sportive d' Italia con un gruppo di pseudo tifosi che la società intende perseguire con tutte le armi a sua disposizione". Tra l' altro al termine di Inter-Napoli si sono verificati anche incidenti fra tifosi: dieci persone medicate all' infermeria dello stadio, auto in sosta danneggiate, e il pullman del Napoli preso a sassate all' ingresso allo stadio. Gli episodi verificatisi domenica durante Inter-Napoli sono stati anche oggetto di una interrogazione parlamentare presentata ieri al ministro Carraro dal senatore del partito comunista Elios Andreini. Il parlamentare ha parlato di "frequente apparizione di striscioni a contenuto razzistico verso cui le società dimostrano sovente una tollerante complicità". Secondo Andreini questi striscioni "alimentano violenze, insulti e stupidità". Andreini chiede poi che "il governo emani disposizioni per evitare il ripetersi di questi fatti e che si prendano provvedimenti nei confronti dei club calcistici". Sempre Andreini ha proposto infine di vietare l' uso dei fumogeni che solitamente vengono fatti esplodere dai tifosi.


31 gennaio 1989

MILANO Franco libero, Franco libero. Nel campionato 83-84, gli interisti della curva scandivano questo slogan durante ogni incontro. Era il loro modo di protestare per l' arresto di Franco Caravita, uno dei capi degli ultras nerazzurri: l' uomo stava in carcere, con l' accusa di aver accoltellato Gerhard Wanningher, un tifoso dell' Austria Vienna . Poi Caravita era stato assolto, e da allora, era diventato forse il tifoso interista più popolare, una specie di bandiera del tifo degli spalti, ma anche un uomo dell' Inter. La scorsa estate, durante la campagna abbonamenti, la società lo aveva piazzato dietro lo sportello della Banca popolare, per vendere biglietti e abbonamenti. Una carriera interrotta adesso dal nuovo arresto di domenica pomeriggio, a Bergamo, dopo Atalanta-Inter, insieme ad altri tre interisti: Alessandro Brunelli, 19 anni, e Stefano Bianco, 23 anni, di Milano, e Massimiliano Cartellari, 19 anni, di Genova. Noi siamo sicuri, dice Enzo Ricciardi, il capo della Mobile bergamasca, che i quattro ragazzi arrestati hanno dato l' assalto, fuori dello stadio, ai tifosi atalantini. Sono stati tra i primi ad aggredire Renato Cristini: non possiamo dire se sia stato proprio uno di questi quattro a dare la coltellata al ragazzo, ma se non sono stati loro è stato qualcuno che era accanto a loro. E per questo, sino a questo momento, l' accusa è di concorso in tentato omicidio. Intervistato lo scorso ottobre, qualche giorno dopo l' arresto a Milano dei quattro ultras nerazzurri accusati dell' omicidio di Remo Filippini, tifoso dell' Ascoli ammazzato a bastonate e colpi di pietra, Caravita aveva ribadito di essere un capo dei Boys nerazzurri: Sì, dall' Inter ci danno dei biglietti gratis, e noi li diamo ai ragazzini che non possono spendere le 10mila lire. Con tutti i biglietti gratis che danno a pompieri e poliziotti, possono darli anche a noi.... Renato Cristini, giovane tifoso dall' Atalanta, è riuscito a salvarsi perché ha avuto la forza di fuggire per una cinquantina di metri. L' accoltellatore lo ha inseguito, probabilmente per colpirlo ancora. Sono intervenuti comunque due amici di Renato, Roberto Mazzone e Fabrizio Teani, e un vigile urbano che è stato malmenato ma ha evitato la tragedia. Per quasi mezz' ora, subito dopo Atalanta-Inter centinaia di tifosi, bergamaschi e milanesi avevano scatenato risse paurose. In un quarto d' ora il gruppo di ultras interisti dal quale si erano staccati gli aggressori di Renato Cristini, è stato identificato e bloccato. Una settantina di giovani sono così finiti in questura. Cinquanta sono stati denunciati a piede libero per rissa, danneggiamenti e detenzione di stupefacenti. Cinque sono stati arrestati e per quattro di loro è scattata l' imputazione di concorso in tentato omicidio. Oggi saranno interrogati dal magistrato, il sostituto procuratore Gianfranco Mafferri. Il quinto giovane arrestato, Edoardo Di Vittorio, 23 anni, muratore di Milano, è stato processato per direttissima ieri mattina in pretura e condannato a quaranta giorni di carcere con la condizionale. E' così potuto tornare subito a casa. Era stato sorpreso dagli agenti della Squadra mobile con un pugnale nascosto in uno stivale. Si è difeso sostenendo di averlo dimenticato. Sta di fatto che Edoardo Di Vittorio è andato allo stadio e ha seguito la partita con un coltello lungo complessivamente venti centimetri infilato in uno stivale. L' arma con la quale è stato colpito due volte all' emitorace sinistro Renato Cristini non è stata invece ritrovata. Il giovane bergamasco domenica notte è stato sottoposto ad un lungo intervento chirurgico e subito dopo i medici lo hanno dichiarato fuori pericolo. Ieri mattina il giocatore Evair, accompagnato dal segretario e dall' addetto stampa dell' Atalanta, si è recato in ospedale a visitare il tifoso ferito. Anche in Brasile ha detto l' attaccante nerazzurro ero stato a trovare in ospedale un tifoso che si era spaccato un polso. Questa però è una situazione ben più grave: non riesco a capire come si possa andare allo stadio armati di coltello.

25 ottobre 1988
E' STATA un domenica tranquilla anche se, a ben interpretare i segnali negli stadi, il merito va principalmente al grosso impegno delle forze dell' ordine e alla mobilitazione generale contro la violenza. Oltre duemilacinquecento agenti impegnati sui campi della sola serie A, controlli minuziosi, perquisizioni agli ingressi, telecamere a circuito chiuso, poliziotti in borghese mischiati fra gli ultrà, hanno impedito le violenze delle ultime settimane. Ma non sono riusciti a spegnere completamente gli impulsi di certe frange teppistiche. Così persino ad Ascoli sono comparsi i soliti striscioni improntati alla violenza. E' dovuta intervenire la polizia (nella foto in alto) per farli rimuovere. A Roma, durante il minuto di raccoglimento in memoria di Nazzareno Filippini (attuato su tutti i campi di serie A e B), il tifoso ascolano morto dopo un pestaggio subito tre domeniche fa da teppisti, si sono levati dalla curva cori ignobili: 10-100-1000 Paparelli, slogan che ricordano il più drammatico episodio di violenza allo stadio Olimpico (il tifoso laziale ucciso da un razzo sparato dalla curva opposta). Ovunque, tuttavia, notevoli sono stati gli sforzi delle società e dei tifosi più corretti. Come il garbato invito nella foto qui accanto in basso. Intanto nell' ambito delle indagini sulla morte di Filippini il sostituto procuratore della Repubblica di Ancona Vincenzo Miranda ha spiccato quattro ordini di arresto per il reato di associazione per delinquere nei confronti dei tifosi milanesi già raggiunti da mandato di cattura per omicidio volontario. L' accusa di associazione per delinquere potrebbe essere contestata anche ad altre persone. Secondo il magistrato, tale addebito avanzato per la prima volta in Italia in inchieste riguardanti la violenza negli stadi può poggiare anche sul meccanismo di estorsione che i tifosi più facinorosi mettono in atto nei confronti delle società di calcio, lucrando abbonamenti, biglietti gratis e trasferte con la promessa di comportarsi bene durante le partite. E in questo quadro potrebbe essere chiamato a testimoniare anche il presidente Pellegrini. All' ipotesi di estorsione non dà molto peso il presidente della lega Nizzola. Può avere più fondamento l' accusa di associazione per delinquere, ha commentato.

19 dicembre 1994

MILANO - Uno stadio intero contro un solo uomo, Ernesto Pellegrini. Pomeriggio dannato quello di ieri per il presidente dell' Inter che si è ritrovato inerme di fronte al crollo della sua squadra, improvvisamente solo di fronte alla più vistosa contestazione della stagione, forse dell' intera carriera da presidente, per altro non priva di momenti amari. Così ha preferito andarsene alla fine del primo tempo. Quando dalla curva nord è partito il primo pesantissimo coro, Pellegrini era già a casa, ma la radio certo non gli ha risparmiato la descrizione di una contestazione che ha coinvolto ogni settore dello stadio. A raccogliere gli insulti, gli inviti ad andarsene e l' invocazione finale per Massimo Moratti è rimasta la moglie Ivana, che lo ha seguito partita dopo partita in questi dieci anni. Dieci anni che sono sembrati svanire sull' onda dei fischi e dei volti tesi in tribuna d' onore, ricordando a tutti quel buio preludio al passaggio di consegne tra Fraizzoli e lo stesso Pellegrini. Le coincidenze colpiscono. Ieri per la presidenza dell' Inter è stato un giorno carico di segnali negativi, voltare semplicemente le spalle come ha materialmente fatto Pellegrini non serve a molto, se non ad evitare la sofferenza fisica degli insulti. Già alla vigilia c' erano i presupposti di un pomeriggio nero per la squadra. Solo il presidente aveva sparso ottimismo e fiducia nelle ultime ore. La Lazio ha comunque brutalmente strappato gli ultimi veli e il gol di Fuser al 43' ha fatto da detonatore. ' Pellegrini vattene, vattene' , hanno gridato i tifosi delle poltronissime. E Pellegrini alla fine del primo tempo ha lasciato lo stadio. ' Non stava tanto bene' , è l' imbarazzata spiegazione del vicepresidente Tavecchio. Stare in quella tribuna ieri non era obiettivamente facile. Ovunque c' erano facce che ricordavano guai, problemi, amarezze. Moratti era seduto poche file più sopra, più in basso c' era dell' Oglio. Da settimane sono i nomi a cui si guarda per un passaggio di proprietà che lo stesso Pellegrini non ha più il coraggio o la convenienza a negare. Ieri c' erano anche Trapattoni, applaudito, e Fraizzoli l' ex che nessuno rimpiange. No, non era facile restare lì per Pellegrini. Quando la gara è ripresa il suo posto era vuoto. E il secondo tempo è stato importante non per quello che è accaduto in campo ma per quella contestazione che si è alimentata passando dalla tribuna centrale alle curve, finendo ai distinti per tornare a infrangersi su quel sedile vuoto difeso dalla polizia. I fedelissimi della curva, da sempre in stretta sintonia con la presidenza, hanno resistito per un' ora, poi - mentre venivano ritirati tutti gli striscioni - ecco il terribile susseguirsi di pesanti insulti e inviti a farsi da parte. Ad ogni ' vaffan...' rispondeva solidale l' applauso della tribuna, in un crescendo di fischi e incitamenti all' avversario. ' Forza Lazio facci un gol' , cantavano i boys nerazzurri e i laziali ricambiavano prendendosela con Pellegrini. Alla fine il peggio: una trentina di ultras sono riusciti a penetrare nella tribuna d' onore e la polizia è dovuta intervenire alzando i manganelli. Poi l' ultimo coro, per la frattura definitiva: ' Massimo Moratti, pensaci tu' , mentre i giocatori uscivano a testa bassa. Bergomi sconvolto chiede comprensione. ' Non chiedetemi di commentare queste cose, parlo della partita. E non è facile' . Il vicepresidente Tavecchio si destreggia con le parole, cerca di restare sul vago. Respinge le ipotesi di decisioni estreme. ' Dovremo riflettere, parlare. Dovremo riunirci, anche con il tecnico, e cercare di fare qualcosa' . La confusione è grande. L' altro vicepresidente Prisco dice: ' In questa situazione bisognerà pure dare delle novità' . Il più tranquillo sembra Bianchi: ' Mi assumo tutte le responsabilità, come è giusto. Non cerco alibi ma constatate che abbiamo perso per la terza volta a causa di nostri errori gravissimi. Non c' è dubbio che le contestazioni riguardano tutti' . Ma l' allenatore per ora non è in discussione.

12 febbraio 1993

MILANO - Il derby lascia una scia di veleni, come raramente è capitato nel recente passato. Il giorno dopo, in casa dell' Inter, si vive e si parla sopra le righe. Viene fuori una serie di episodi poco chiari, di nervosismo diffuso che ha fatto trascendere - durante e dopo la gara - qualche protagonista. Il senso, par di capire, è: il Milan ha vinto, è forte, va bene così. Ma fermiamoci qui, non intendiamo farci accusare d' altro. In ballo ci sono: un presunto insulto ("sporco negro") rivolto da Berti a Gullit in partita; la reazione di Maldini che avrebbe preso le difese di Gullit spintonando Berti a metà partita nel tunnel degli spogliatoi; a fine gara, poi, un diverbio accesissimo tra Berti e il vice di Capello, Galbiati, quasi venuti alle mani e divisi da Bagnoli e Capello; ieri, un Bagnoli che dice: al Milan sono forti, fortissimi, dovrebbero smetterla di fare le vittime; e che, per soprammercato, rivendica corsi e ricorsi storici dicendo che sì, stavolta il pallino è in mano al Milan ma in passato lui si è tolto qualche bella soddisfazione, come quella di far perdere uno scudetto ai rossoneri; ciliegina sulla torta, un paradosso infelice dello stesso Bagnoli che alla domanda: potrà mai l' Inter raggiungere il valore del Milan, risponde: "Certo, come no? Se Baresi e Tassotti smettono di giocare, se noi diventiamo fortissimi all' improvviso, se loro contemporaneamente diventano scarsi e se Berlusconi va a finire in galera come Craxi...". Ora, a parte l' inesattezza su chi è in galera, è chiaro che si tratta di una serie di paradossi irreali: Bagnoli cercava una battuta, l' ha detta. Del resto Berlusconi non prese Bagnoli, definito "comunista". Riordinando. Ieri "La Notte" lancia la versione secondo cui Berti avrebbe detto "sporco negro" a Gullit in pieno derby. Berti smentisce, chiede una rettifica ufficiale al quotidiano, dice che se c' è un rossonero che lui ammira e di cui è quasi amico, questi è proprio Gullit. Però, interpellato sugli altri episodi, rilascia una dichiarazione lapidaria: "Meglio sconfitti che rossoneri", aggiungendo che intorno al derby si è giocata un' altra partita di episodi del tutto spiacevoli sui quali è meglio glissare. E infatti, a precisa richiesta di chiarimenti, Berti ha glissato e non ha detto una parola di più. Fonti rossonere, invece, riferiscono di un Berti che insulta Gullit rientrando negli spogliatoi nell' intervallo, Gullit abbozza e non se la prende, ma Maldini ha sentito e inizia a spintonare Berti con conseguente litigio. Il nerazzurro, come detto, smentisce con forza. Avanti. Al novantesimo del derby, dalla curva nerazzurra è piovuto di tutto in campo. Un sasso ha colpito Italo Galbiati, il vice di Capello. Tre punti di sutura. Ma Galbiati, rientrando negli spogliatoi, ha incrociato Berti e l' ha apostrofato con una frase non ben definita ma che poteva essere: bei tifosi che avete. Berti ha reagito, a parole, Galbiati ha controreagito, i due stavano per mettersi le mani addosso e soprattutto sul luogo del diverbio stavano arrivando molti altri. Alla fine, ha raccontato Bagnoli, lo stesso tecnico nerazzurro con l' aiuto di Capello ha diviso i due. Bagnoli il giorno dopo, come detto, non ha buttato molta acqua sul fuoco. Ben deciso a far valere le proprie ragioni e a sottolineare come, al Milan, dovrebbero accontentarsi dello strapotere in campo e non atteggiarsi a vittime su tutto il resto: "Prendersela con i nostri tifosi non è stato un bel gesto: non è che i loro tifosi siano tutti santi". E così via. Il rischio, in tutto questo, è che intorno al derby di Milano debba saltare il patto di non belligeranza sottoscritto quasi dieci anni fa dagli ultras delle due squadre. Un patto che ha resistito nel tempo. Esempio: in occasione del derby d' andata del quarto di coppa Italia, a fine gara i Boys nerazzurri avevano dimenticato un lungo striscione all' interno dello stadio. Bene: se lo sono visti recapitare a casa da un gruppo di ultras rossoneri. Mercoledì scorso, invece, un piccolo segnale inquietante: un tifoso nerazzurro di vent' anni è stato pestato a calci e pugni a fine partita da un gruppo di avversari. Intanto nello stadio, come abbiamo visto, qualcuno non stava dando il buon esempio. Di questo passo, si fa notare, addio derby tranquilli a Milano. Poteva essere l' occasione per fare il punto parlando di calcio. Non è andata esattamente così. Nei discorsi prettamente calcistici del dopo-derby prevale il Bagnoli che chiede ai suoi di non prendere a scusante l' umiliazione del derby per calare le brache da qui in avanti. L' obiettivo secondo posto vale pur qualcosa, anche perché è l' unico rimasto. Già domenica, gara casalinga col Napoli, il tecnico non vuole vedere il minimo segno di deconcentrazione. Aria del tutto diversa a Milanello. Papin giocherà a Bergamo, poi, con un volo privato, partirà per Tel Aviv dove la sua Francia incontrerà mercoledì Israele per le qualificazioni mondiali. Rijkaard è in dubbio, il turn-over riporterà in prima linea Zvonimir Boban. C' è Gullit trionfante che dice di essere uscito dal tunnel della sfiducia: "Il mio contratto? Ne parleremo tra un po' di tempo, ci sono molte cose da chiarire". L' Inter, intanto, si consola con Jonk. Il mediano dell' Ajax è ufficialmente nerazzurro. La trattativa (si parla di sette miliardi) è stata chiusa mercoledì ad Amsterdam dall' amministratore delegato Piero Boschi

Repubblica — 20 ottobre 1988

MILANO La domanda è banale e feroce: chi sono i tifosi più violenti d' Italia? La graduatoria è di difficile definizione, sensibile com' è al susseguirsi delle domeniche, con i loro carichi di violenze, pestaggi ed affini. Intanto, non esiste una sola società in Italia esente dal fenomeno ultras. Accanto ai cattivi storici, esistono tifoserie considerate modello (o quasi), ma che si scatenano periodicamente. E' il caso di Bologna e Cesena, capaci di generare notti d' assedio e guerriglia urbana in occasione dei derby. Oppure Modena, con i suoi ultras che l' anno scorso volevano raggiungere Genova (per Genoa-Modena, appunto) su due pullman trasformati in altrettanti arsenali. Altri tifosi, una volta considerati piuttosto scomodi, ultimamente non hanno dato troppi grattacapi alla polizia: è il caso degli ultras di Juventus, Torino e Milan. Ormai da anni, il fenomeno è pressoché indipendente dalla matrice-squadra. Si aggrediscono preferibilmente i giornalisti non compiacenti (è successo ieri a Gennaro Bozza, cronista della Gazzetta dello Sport, picchiato ad Andria), i tifosi isolati (come nel caso di Filippini e di Fonghessi), la gente nei bar (dove scappare è più difficile). Così, la toponomastica del tifo violento è confusamente motivata e divisa. Molti sono di destra, ma non tutti, molti sono esclusi dalle organizzazioni ufficiali, ma non tutti. Il solo, vero denominatore comune è il rapporto di odio-amore con le rispettive società... ATALANTA Un' associazione di tifosi buoni, gli Amici dell' Atalanta, presieduta da Felice Gimondi. Gli altri sono rappresentati dalle Brigate nerazzurre nate sei anni fa, 300 aderenti, ritrovo fisso allo stadio, con largo anticipo sull' inizio della partita per decidere le strategie. Poi ci sono i contestatori delle Brigate, giudicate troppo morbide. Sono quelli del Wild Kaos, i Skonvolts e Gli sbandati. Estrazione sociale generalmente molto modesta, nessuna connotazione politica particolare, squadre gemellate, Juventus e Sampdoria. Gli Amici dell' Atalanta non organizzano trasferte per le partite contro Torino, Roma e Milan, dove le percentuali di rischio sono altissime. FIORENTINA 220 sezioni del Centro coordinamento viola club, con 15.000 soci. Dentro, c' è spazio anche per il Collettivo viola, una sorta di nebulosa che di volta in volta accoglie e respinge quelli di Alcool Campi, Orgasmo gigliato, Granducato di Toscana e Stoned again (di nuovo sconvolti). Poi ci sono i club super-autonomi, modello I fuori di testa, difficilmente identificabili, perché si sciolgono e si ricompongono in continuazione. Convivono due anime politiche contrapposte, fra sinistra (la maggioranza) e para-fascisti. Con Baretti si era arrivati alla rottura (divieto, non rispettato di andare in trasferta). Con Righetti presidente, tutto è tornato come prima. INTER I club affiliati sono 800 (80.000 persone). Fuori dal centro coordinamento Inter club sono i Boys (circa 3.000 aderenti), intorno ai quali gravitano gli Skins, i Metallari, i Vikings e la Brianza alcolica. Rito collettivo dell' ubriacatura col fernet, tipologia razzista (scritte antisemite, simboli nazisti). Molti fanno uso di cocaina. In società ammettono che i più scalmanati vengono premiati con i biglietti gratis, a patto che non scatenino incidenti. Così, a San Siro tutto tranquillo. ROMA Al di fuori dei 220 club riconosciuti (circa 10.000 persone), ci sono i Cucs (commando ultrà curva sud). Ufficialmente gli aderenti sono circa 400, ma a loro fanno capo praticamente tutti i tifosi giovani della squadra. A questi, vanno aggiunti i 10 Roma Club Indipendenti (500 persone). I violenti non fanno capo a nessun club particolare. 3-400 cani sciolti, che viaggiano sui treni (e poi li sfasciano) e si inseriscono all' ultimo momento alle code degli ingressi. Grazie alle telecamere si sono potuti identificare spacciatori di droga, in azione indisturbata sulle gradinate. VERONA Al di fuori del solito centro coordinamento, ci sono Gioventù scaligera, le Brigate gialloblù, la Vecchia guardia e Inferno gialloblù. I più numerosi sono quelli delle Brigate, i più duri quelli di Inferno, i più a destra quelli di Gioventù (filonazisti). Estrazione sociale mista, ma molti ragazzi di ottima famiglia. Recentemente è stato introdotto il controllo antidroga (per mezzo di cani) agli ingressi. Il problema vero restano le trasferte

31 gennaio 1989
IN QUESTE infinite storie di violenza, ormai più fuori che dentro gli stadi, l' episodio di Bergamo porta nuovi dubbi. Gli ultras dell' Inter, già tristemente famosi quest' anno, hanno colpito ancora. Sarà un' annotazione cattiva, ma non possiamo dimenticare il giocatore dell' Inter Berti fotografato in mezzo ai boys della curva l' altra domenica. Buono lui e buoni loro, per carità. Ma forse é il momento di mantenere le distanze. Non per criminalizzare, ma per far capire che non tutto é permesso, solo perché si tifa. Uno degli arrestati é personaggio conosciutissimo nell' ambiente della curva, un ragazzo che forse l' Inter ha tentato di recuperare, offrendogli un lavoro. Questa almeno é la tesi più benevola. Di sicuro, c' é da sottolineare che: a) negli ultimi episodi, risultano sempre implicate persone già conosciute e segnalate; b) mai come in questo caso, si può parlare di violenza gratuita, visto lo svolgimento della partita; c) i legami fra società e ultrà, mai chiariti nemmeno dal famoso rapporto della Federcalcio, vanno in qualche modo regolamentati. La stessa Lega deve capire che su certe piazze l' ultrà condiziona la vita stessa della società. Va cancellata questa stucchevole mitologìa del tifoso organizzato, che diventa un eroe o un violento a seconda delle domeniche. Per rispetto all' altro tifoso, quello che vorrebbe andare tranquillo alla partita, senza rischi e senza paura. -

— 07 ottobre 1990

MILANO Skin, okkio al kranio. Niente resterà impunito. La scritta minacciosa, su un muro di piazza Vetra, annunciava, a chiare lettere, quale accoglienza avrebbero avuto gli skinhead che ieri pomeriggio si erano dati appuntamento da tutta Italia a Milano, nel quartiere Ticinese, per assistere a un concerto in difesa della razza. Messaggi anti-skin scritti in più lingue, in inglese soprattutto, che avvertivano: the only good fascist is dead one (l' unico buon fascista é quello morto). Il raduno, però, non c' é stato. Le teste rasate sono state tenute alla larga da un impenetrabile filtro di polizia e carabinieri. Centoundici skin sono stati portati in Questura per accertamenti e poi rilasciati. In un clima tesissimo, (proprio in quartiere, al mercatino dell' usato di Sinigaglia, tre settimane fa due punk sono stati accoltellati da una banda di skin), Piazza Vetra e le vie adiacenti sono state occupate da un presidio antifascista, promosso dai giovani autonomi del Leoncavallo. Presenti anche centinaia di studenti medi e universitari, mentre l' intera zona era occupata da nugoli di carabinieri e poliziotti in assetto da combattimento. Per un giorno, così, a Milano é sembrato di tornare indietro di vent' anni. A quei sabati pomeriggio con guerriglia urbana degli anni della politica. Il tanto temuto scontro tra bande per fortuna é stato evitato. Ma in città é rimasta la paura per questo gruppo razzista e violento, che negli ultimi tempi sta vedendo crescere in maniera preoccupante i suoi militanti. I nuovi skinhead. Chi sono? Cosa vogliono? E perchè stanno avendo tanto successo tra i giovani proprio quando sembrava che il fenomeno delle bande fosse ormai un ricordo degli anni passati? Storicamente il movimento skin nasce in Inghilterra, alla fine degli anni Sessanta, dall' ala dura dei Mods. Teste rapate a zero, pesanti scarpe Doctor Martin ai piedi, quelle da lavoro degli operai inglesi, jeans Levi' s con bretelle, camicie Ben Sherman piene di bottoni e simboli dell' estrema destra. Sono la caricatura dell' operaio modello. Sottoproletari emarginati, odiano gli hippy, i gay, i drogati e gli stranieri. Proliferano nelle più disperate periferie urbane, bevono fiumi di birra, sono machisti e hanno un unico mito: la violenza. Violenza che amano esercitare, sopra ogni altra cosa al mondo, contro l' anello più debole dell' immigrazione: i pachistani. Massacrare il pakistano diventa in breve tempo lo slogan principale del gruppo. Per curiosa coincidenza il raduno in difesa della razza di ieri a Milano avrebbe dovuto tenersi proprio in piazza Vetra dove, da giorni, bivacca, sotto uno striscione della United Asian Workers Association, un gruppo di extracomunitari asiatici, indiani e pachistani per la maggior parte, in attesa che venga loro assegnato un alloggio. Ma la coincidenza non è casuale. Il movimento skin in Italia sta crescendo con le stesse motivazioni con cui é cresciuto vent' anni fa in Inghilterra - sostiene Primo Moroni, proprietario della libreria Calusca in corso di Porta Ticinese e grande conoscitore dei movimenti giovanili. - Oggi come allora l' aggregazione avviene attorno a un nemico sociale: l' immigrato del terzo mondo. Adesso che il problema é esploso anche da noi ecco apparire gli skin. Giovani emarginati alla ricerca di un surrogato di identità, nel momento in cui una classe sociale, come quella operaia, da cui provengono in gran parte, si sta dissolvendo e la città è tutta impegnata nella produzione di beni immateriali. Provare a parlare con dei giovani skin é un' esperienza deprimente. Qualcuno, isolato, ma per nulla spaventato, l' abbiamo trovato ieri pomeriggio ai bordi della fiera di Sinigaglia. Giubbotto bomber azzurro, distintivi nazisti o dell' Inter (gran parte degli skin milanesi fanno parte dei Boys, la tifoseria estremista neroazzurra), anfibi militari ai piedi e jeans strettissimi, non appaiono molto diversi, nell' aspetto, dai loro fratelli maggiori inglesi. Non avete paura di prenderle? Le botte si prendono e si danno, ci ha spiegato, duro, uno di loro. Cosa odi di più? I giornalisti, la polizia e i punk, E cosa ti piace fare? Andare allo stadio, ascoltare la musica degli Screw Drivers e dormire. Sei nazista? I nazisti erano uomini con le palle. Cosa vorresti avere di più? Pulizia e ordine. Rarissime tra gli skin le ragazze. Le poche esistenti hanno anche loro la testa rasata, ma si concedono come vezzo una corta frangetta e un codino sfilacciato. E sostituiscono i jeans con microscopiche minigonne. Radio Popolare ha mandato ieri in onda un' agghiacciante intervista con il capo degli skin di Agrate (Milano), Alessandro, 18 anni, elettricista. Perchè ti piace tanto Hitler? ha domandato l' intervistatrice. Perché sono fiero di appartenere alla razza bianca. E poi, ve lo devo proprio dire? - ha esitato un momento il ragazzo - perchè ha bruciato sei milioni di luridi ebrei

19 ottobre 1988
MILANO Si chiamano Viking e Skin Heads: c' erano anche i ragazzi di queste bande metropolitane, due domeniche fa, a far tifo per l' Inter. E, secondo la polizia, sarebbe stato proprio uno di loro a colpire Nazzareno Filippini, 32 anni, il tifoso dell' Ascoli massacrato a calci, pugni e pietrate e morto l' altro ieri mattina, ad Ancona, in sala rianimazione, dopo otto giorni di coma. Il manipolo dei suoi assalitori era composto da quattro giovani: per due di loro è già scattata l' accusa di omicidio. E' un mondo sommerso e selvaggio, questo degli Hooligans. Solo per ricostruirne la mappa, in cerca di chi ha ucciso, la Digos ha lavorato una settimana. E se gli investigatori sono convinti di aver isolato i picchiatori, non sarebbe solo grazie ai filmati della polizia scientifica di Ascoli e a una serie di interrogatori, ma - si dice - grazie anche alla collaborazione di qualcuno degli stessi ultras. Un pentito che conosce dall' interno il mondo dei violenti e che ha contatti frequenti e diretti con la società di piazza Duse. Le vite dei ragazzi arrestati non sembrano nascondere segreti. Il primo ultras a finire in manette è stato M R, 30 anni. Si proclama innocente e si è presentato spontaneamente in questura lunedì alle 18. Un amico gli aveva fatto sapere che lo cercavano. Da allora R non è più uscito da via Fatebenefratelli. Di mestiere fa il parcheggiatore in via Manin, di fronte all' atelier di Krizia, anche se per cinque anni è stato comproprietario di un bar ritrovo dei tifosi della curva nord. Ha sposato una fotomodella, figlia di un avvocato, ha un figlio piccolo, vive a Porta Venezia. E' uno dei capi dei Boys, e cioè dell' organizzazione dei tifosi interisti più accesi: Il suo ruolo è fare in modo che non succedano incidenti, lo difende il suocero, e noi sappiamo che è un bravo ragazzo. Cinque ore più tardi, gli agenti hanno bloccato M F, 23 anni, soprannominato Metallica. E' uno Skin Head - che letteralmente significa teste rasate - alto un metro e 80, panciuto e muscoloso, che tutta la settimana lavora come fattorino insieme al padre. Nella sua casa di periferia, davanti al suo letto, c' è una coccarda tricolore di 40 centimetri di diametro. Il papà nella camera matrimoniale ha invece appeso un ritratto di Mussolini. Ha come hobby la palestra e la musica metallara: i poliziotti gli hanno sequestrato una dozzina di coltelli, la maggior parte a scatto, e due bastoni. Nell' armadio conserva un corredo di sciarpe di altre squadre, conquistate sugli spalti o fuori dallo stadio, ai danni di tifosi avversari. Questi due ultras sono stati interrogati, ieri dopo mezzogiorno, dal sostituto procuratore Francesca Marcelli, che ha convalidato il fermo in arresto, con l' accusa di omicidio. In realtà, sarebbe già finito in camera di sicurezza anche un terzo giovane milanese, uno studente, del quale la Digos non ha diffuso il nome. Si tratterebbe di un ragazzo già stato condannato nei mesi scorsi perchè, durante lo scorso campionato, ha partecipato a un pestaggio organizzato di tifosi del Como. Infine, secondo indiscrezioni, un quarto indiziato sarebbe già stato accompagnato nelle Marche: la Squadra mobile lo avrebbe trattenuto per una serie di confronti all' americana con alcuni tifosi ascolani. Questa operazione, ha detto ieri il questore di Milano Umberto Improta, dimostra, anche se non sta a me dirlo, che sappiamo fare il nostro lavoro. Accettiamo i suggerimenti, come quelli dell' altra sera al Processo del Lunedì, ma non su come svolgere le indagini. L' indagine si è conclusa rapidamente anche grazie ai dossier che la Digos ha accumulato negli anni a carico degli interisti della curva nord. Decine di neofascisti avevano approfittato del tifo per esporre striscioni con svastiche, asce bipenni, e scrivere slogan razzisti, come Milanisti ebrei, stessa razza stessa fine, in occasione del derby di due anni fa. Dopo le inchieste, non era scattato alcun provvedimento. Ma questa volta gli agenti, coordinati da Achille Serra, sono andati sino in fondo. In pochi giorni hanno messo sotto controllo un' ottantina di case, un paio di bar, interrogato un centinaio di tifosi. L' Ascoli aveva messo a disposizione dei nerazzurri mille biglietti, ha spiegato ieri Serra, e ne sono stati acquistati solo 350. Di questi, 90 sono stati venduti agli ultràs che avevano affittato due autobus. La Squadra mobile di Ascoli ha accertato che proprio questi tifosi, a fine partita, sono stati bersagliati da pietre, bottiglie, pezzi di ghiaccio dei contenitori frigo, lanciati dagli spalti dei tifosi ascolani. E proprio quando gli interisti venivano scortati fuori, agli autobus, un gruppo di una quarantina si è sganciato. Tra questi, conclude il capo della Digos, cinque o sei, hanno raggiunto Filippini. Uno lo ha indicato, un altro lo ha atterrato, gli altri lo hanno massacrato di botte. Qualcuno lo ha colpito alla testa con un bastone, altri lo hanno finito a calci e pugni. I testimoni, a quanto pare, non mancano. F, il cranio rasato, grande e grosso, non poteva passare inosservato. Non è cambiato per nulla da quella foto, scattata a San Siro, che lo riprende seduto sugli spalti, accanto a un camerata che fa il saluto romano al fotografo della polizia. Secondo gli amici del quartiere, però, Metallica non si era mai occupato di politica. E' l' unico Skin Head della sua zona popolare, via Mac Mahon, vicino a corso Sempione. Non ha mai pestato nessuno, in palestra andava soprattutto per dimagrire, ha provato a salire sul ring ma al primo incontro l' hanno steso. Se non ha fatto il paninaro, taglia corto un ragazzo, è perchè con il suo fisico non poteva certo mettersi il piumino e andar dietro alle ragazze. Ma forse nessuno conosce bene Metallica, neanche i suoi familiari. Dal suo armadio, per esempio, è saltato fuori un bilancino di precisione: Mai visto prima questo aggeggio, dice la madre. E invece, sempre secondo la polizia, il ragazzone, stivali anfibi e giubbotto con le borchie, si faceva vedere di sera al Parco Lambro, uno dei mercati a cielo aperto dell' eroina. Noi sappiamo che è un tifoso dell' Inter, dice suo padre Umberto, 60 anni, sappiamo che è andato ad Amsterdam a farsi tatuare. Cose da ragazzi. Noi lavoriamo insieme. Tutto il giorno. Abbiamo comprato un furgone e paghiamo 700mila lire al mese. E' un bravo ragazzo. I coltelli sono miei, davvero. E quei bastoni, non li portava fuori casa da una vita. Quando esce lo perquisisco.... La domenica della partita con l' Ascoli, dice la madre Pietrina, 53 anni, è tornato a casa un po' mogio. Ma, se fosse stato lui, avrebbe parlato. Pensa a me, gli dicevo, se fossi stato tu a finire in coma, invece di quell' altro poveretto... Sai, può capitare a tutti, mi aveva risposto.

Repubblica — 20 ottobre 1988
MILANO Il pentito degli ultras interisti ha paura. Nessuno sa chi sia, la polizia lo protegge. E' sparito dalla circolazione. E così hanno fatto anche quelli che contano fra gli skin heads, la banda dei crani rasati dei quali faceva parte MF, detto Metallica, uno dei due ultras già arrestati con l' accusa di omicidio. Basta una frase del capo della Digos - che ieri ha annunciato di aver arrestato altri due giovani - per comprendere la pericolosità degli hoolingans milanesi: Sì, qualcuno ha visto e ci ha riferito, conferma Achille Serra. Ma non fate il suo nome, per carità. Se si sapesse che ha parlato, rischierebbe di essere ammazzato. Il racconto dall' interno della Curva Nord che fa il pentito è dettagliato e sofferto, coinciderebbe con le testimonianze, le descrizioni, i particolari forniti dai tifosi dell' Ascoli. E perciò si capisce quanto le sue parole, messe a verbale, siano fondamentali nella ricostruzione dell' agguato a Nazzareno Filippini, Reno, il tifoso massacrato di botte all' uscita dalla stadio ascolano e morto dopo otto giorni di coma, e abbiano facilitato l' arresto per omicidio di quattro ultras. Ieri, in base a queste rivelazioni, il sostituto procuratore Francesca Marcelli ha così convalidato il fermo di altri due ultras. Oltre a MR, 30 anni, uno del quadriumvirato da anni a capo dei Boys (lo zoccolo duro della curva), e a F, il massiccio skin head di 23 anni, sono finiti in camera di sicurezza altri due interisti: hanno 19 anni, si chiamano N C, del gruppo Viking, e D S, dei Boys. Oggi i quattro saranno trasferiti da San Vittore al carcere di Ascoli, per l' inchiesta giudiziaria. La posizione di un quinto tifoso, identificato e ascoltato dalla polizia milanese che non ha però ritenuto esistessero a suo carico sufficienti indizi, verrà vagliata dai giudici marchigiani. Secondo l' accusa, questa la precisa ricostruzione dell' omicidio. La partita è finita, i tifosi dell' Inter escono dallo stadio e, dagli spalti, vengono bombardati di pezzi di cemento, lastre di ghiaccio dei contenitori frigo, bottiglie e sassi scagliati dai tifosi ascolani di Settembre Bianconero. Una provocazione da vendicare subito. E dai 90 interisti che marciano verso i due autobus, si stacca un manipolo di commandos. Tra questi, sostengono in questura, c' è R. E' lui che indica agli altri Filippini, forse è lui che per primo lo afferra per un braccio. E' questione di secondi. Irrompe qualcuno (F, per la polizia), armato di un bastone, che centra alla testa il ragazzo. Poi, ecco i due nuovi arrestati, dei quali, dice la Digos, non abbiamo ancora accertato il ruolo. Qualcuno, però, afferra un pezzo di cemento, centra Filippini prima alla testa, poi allo stomaco. Un altro interista gli sferra un paio di calci in faccia. Infine la fuga, verso gli autobus, mischiandosi nel gruppo più folto dei tifosi. Una scena usuale, negli scontri tra estremisti del tifo, ma questa volta il nemico, il tifoso dell' Ascoli, resta sull' asfalto. Se ne saranno accorti i suoi killer? Gli interisti, tornando a casa, fanno bisboccia come se niente fosse accaduto. Saccheggiano un autogrill, e uno dei capi, dopo la razzia di salami, birre e caramelle, si presenta alla cassa e dà 200mila lire, di tasca sua, come per dimostrare almeno la buona fede. Più tardi si saprà che il tifoso bianconero è in coma e che, come ha dimostrato l' autopsia, è stato colpito non una volta sola, ma ha riportato una serie di lesioni al corpo e al capo. Non è stata una morte accidentale, quella del tifoso. E questa ricostruzione peserà nel prosieguo dell' inchiesta: l' omicidio preterintenzionale, che cioè va al di là delle intenzioni di chi lo compie, è meno grave, e comporta una detenzione meno lunga, dell' omicidio volontario, compiuto quando si cerca veramente la morte dell' avversario, del nemico. Ma sono davvero i quattro ultras arrestati i protagonisti di questa scena? Non ci sono zone d' ombra nella ricostruzione della Digos? I quattro ragazzi negano tutto. Metallica, durante gli interrogatori, è stato il più freddo. Un comportamento da inglese, scherza un avvocato. R ha spiegato che lui, come capo dei boys, non partecipa ai pestaggi ma, all' opposto, il suo compito è frenarli. E C, in lacrime, disperato, balbettando, ha fornito un alibi. Sì, ho fatto casino ad Ascoli, ma non c' entro con Filippini. Ero più lontano, ne stavo pestando un altro.... Ieri, nella sua casa al piano rialzato di un casermone di Quarto Oggiaro, alla periferia della città, sono sfilati un paio di amici. Hanno tranquillizzato la mamma. No signora, N non c' entra. Era con noi. E la signora Carmela ha avuto una conferma, dice, dell' innocenza del ragazzo. Mostra gli album del figlio, le sue foto nuove nuove con Zenga, Brehme, Matthaus. La sua collezione di fotografie a colori, ricche di fumogeni e sciarpe alzate, tutte scattate sulla Curva Nord. Non volevo che andasse allo stadio, a far tifo, perché lui finisce sempre in mezzo. Ma lui mi rispondeva: mamma, meglio lo sport che la droga. E questo è un quartiere difficile, il ragazzo doveva distrarsi. Ma è buono, pensi che la scorsa estate ha fatto sempre il volontario sulle autombulanze, per guadagnarsi le 200mila lire.... C, comunque, era stato già arrestato in passato allo stadio di Como per il possesso di armi improprie. Di S, il quarto arrestato, si sa poco. Davide, figlio del proprietario di una discoteca, frequenta il primo anno di Economia e commercio. Intanto, ad Ascoli Piceno circa duemila persone, con la squadra di calcio, hanno partecipato ieri ai funerali di Nazzareno Filippini

28 febbraio 1990

MILANO Per loro il campionato è finito. E per loro sono finiti, prima ancora di cominciare, anche i Mondiali del giugno prossimo. A cinquantacinque tifosi interisti, indicati dalla Digos come i principali responsabili del clima di intolleranza e di violenza creato a San Siro, il questore di Milano, Umberto Lucchese, ha vietato l' ingresso allo stadio fino al 31 dicembre prossimo applicando per la prima volta in modo massiccio la nuova legge contro la violenza nello sport. Il provvedimento del questore di Milano è arrivato a quarantott' ore di distanza dai pestaggi sugli spalti di San Siro durante Inter-Napoli e l' apparizione dello striscione che invocava Hitler contro i napoletani. Ma non è finita. I cinquantacinque nomi contenuti nella prima lista di proscrizione sono solo lo zoccolo duro dei gruppi che la Digos ha deciso di colpire. Nelle prossime settimane - ha spiegato il vicequestore Achille Serra -le indagini svolte tra la tifoseria interista nel corso degli ultimi sei mesi verranno messe a frutto: ed il provvedimento di diffida verrà notificato ad almeno altri trecento tifosi. Contemporaneamente, ha garantito il dirigente della Digos, la stessa operazione andrà a colpire Brigate Rossonere e Fossa dei Leoni, i gruppi egemoni della curva milanista: il provvedimento si annuncia, in questo caso, particolarmente pesante perché renderà off limits per gli ultrà rossoneri anche la fase finale della Coppa dei campioni, a partire dal ritorno dei quarti di finale con il Malines, in programma per il 21 marzo. Lo svuotamento forzato delle due curve di San Siro fino a metà del prossimo campionato è stato deciso dopo che la tensione aveva superato i livelli di guardia: le scene di violenza viste domenica sul secondo anello - dicono in questura - non sono da meno di quelle che, la stagione scorsa, costarono la vita all' ascolano Nazareno Filippini in occasione della trasferta dell' Inter e al romanista Antonio De Falchi prima di Milan-Roma. In queste ore le diffide firmate dal questore vengono notificate ai cinquantacinque nominativi della prima lista. Si tratta, per la grande maggioranza, di appartenenti al gruppo più estremo ed incontrollabile della tifoseria nerazzurra: gli Skins, le teste rasate che ornavano il loro striscione con l' ascia bipenne di Ordine Nuovo e con la svastica. E' un gruppo di composizione sottoproletaria, apertamente neo-nazista, ben conosciuto nlla federazione missina di via Mancini: in un' intervista di poche settimane fa, il segretario milanese del Fronte della Gioventù li definì (testualmente) un gruppo di insopportabili teste di cazzo, dei casinisti quasi sempre ubriachi. Il loro capo riconosciuto si trova al primo posto della lista: è PC detto l' armiere, un camionista di 26 anni, già denunciato una dozzina di volte per risse dentro e fuori dagli stadi. C secondo la Digos (che lo ha ritratto a distanza ravvicinata coi teleobiettivi), sarebbe il giovane che le telecamere di Domenica Sprint hanno filmato nel corso di un duello rusticano sugli spalti di San Siro. Come lui dovranno restare fuori dal Meazza fino alla fine di giugno altre cinquanta teste rasate. Ma insieme a loro l' ostracismo ha colpito anche un piccolo numero di leader dei Boys, il gruppo storico della curva nerazzurra, e tra questi il fondatore MP: se, nonostante il divieto, rimetteranno piede a San Siro potranno venire arrestati e condannati a una pena da tre mesi a un anno di carcere. Il divieto vale solo per la provincia di Milano ma i cinquantacinque nominativi - e quelli che seguiranno - verranno segnalati alle questure di tutta Italia in modo che un divieto analogo li possa accompagnare anche in trasferta. Ieri pomeriggio il provvedimento della Digos è stato comunicato via telex alla società nerazzurra: Abbiamo appreso con soddisfazione del provvedimento che esclude dagli stadi 55 sedicenti tifosi - hanno dichiarato pù tardi i portavoce dell' Inter - del tutto estranei alla società. Speriamo che la stessa decisione venga presa per tutti gli stadi italiani. Analoga la reazione del Milan: Per noi non c' è ancora nulla di ufficiale - dicono i collaboratori di Berlusconi - ma abbiamo fiducia che si colpiranno i veri responsabili degli episodi di violenza. E speriamo che nelle altre città si faccia lo stesso

27 febbraio 1990

ANCORA una domenica di violenza, scontri, insulti volgari. Lo striscione razzista appeso domenica a Milano ha provocato allarmate reazioni ieri da parte di Montezemolo e una denuncia alla magistratura. C' è stato anche l' inevitabile codazzo di feriti, fermati, arresti. Roma e Milano protagoniste, ma anche il sud (Bari), stavolta si inserisce in un panorama che diventa ogni settimana più preoccupante. Gli episodi più gravi nella capitale e a Milano. Senza un vero nesso con l' andamento del gioco in campo. Due partite senza episodi contestati e contestabili (netto il dominio di Inter e Milan nei due match con Napoli e Roma), eppure ricche di episodi di intoleranza.. A Milano un vergognoso striscione razzista (Hitler, con gli ebrei anche i napoletani) ha provocato una denuncia per oltraggio alla Costituzione italiana ed un comunicato dell' Inter, che condanna le affermazioni farneticanti e l' inciviltà di una minoranza facinorosa. Ma è rimasto a lungo appeso alla travatura dello stadio senza che nessuno sentisse il dovere di rimuoverlo in qualche modo. La polizia sta ancora cercando di identificare l' anonimo acrobata che l' ha appeso e che, secondo la legge, non rischia neppure granché. La polizia milanese sta cercando inoltre di identificare e isolare un centinaio di teppisti di fede interista, già coinvolti in altri episodi di violenza. Sempre a Milano incidenti fra tifosi prima e dopo la partita. Numerosi i fermi della polizia. Sequestrate spranghe e altre armi improprie. Il pullman dei napoletani è stato accolto con un fitto lancio di oggetti.L' escalation della violenza preoccupa sia gli organizzatori del Col, che i responsabili delle forze dell' ordine, che i dirigenti della federcalcio. Ieri Matarrese ha chiesto un vertice urgente con il ministro Gava. Si terrà il sei marzo prossimo a Roma: all' ordine del giorno, probabilmenbte ulteriori misure per arginare questo fenomeno sempre più dilagante e incontrollabile.
 
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