| L’INCHIESTA. Il giudice per le indagini preliminari di Verona ha deciso di procedere contro il reparto Mobile di Bologna Percosse al tifoso del Brescia: sette poliziotti sotto accusa
VERONA Nel registro degli indagati da ieri sono iscritti in sette. Sette agenti del Reparto Mobile di Bologna che il 24 settembre 2005 si trovavano a Verona, in ausilio alle altre forze di polizia, per la partita Hellas-Brescia, dovranno rispondere di lesioni gravissime pluriaggravate, quelle provocate da calci alla testa e manganellate a Paolo Scaroni di Castenedolo, un tifoso del Brescia, la cui unica colpa in quel maledetto sabato fu di scendere dal treno, fermo in stazione, per andare a prendersi una coca cola. Non c’entrava con lanci di sassi, non c’entrava con le provocazioni esasperate da un clima reso incandescente fin dall’inizio. Già perchè gli scambi iniziarono allo stadio, quando ad un gruppo di tifosi bresciani fu impedito di entrare perchè non avevano i biglietti nominativi. Questo nel pomeriggio e la tensione crebbe fino ad arrivare al culmine in stazione. Ma lui non c’entrava: stava salendo le scale per tornare al binario, secondo la ricostruzione minuziosa effettuata dal nucleo di polizia giudiziari della Procura, si trovò davanti un gruppo di agenti del Reparto mobile emiliano. E fu massacrato. Questa la conclusione alla quale erano giunte le indagini, difficili e complesse, che portarono il pm veronese Vallerin a chiedere comunque l’archiviazione per il procedimento aperto «contro ignoti» in quanto non era possibile individuare gli autori materiali del pestaggio. Il gip Sandro Sperandio il 20 novembre 2007 rigettò la richiesta ordinando al pm di iscrivere nel registro degli indagati gli agenti di polizia i cui nomi erano emersi al termine dell’inchiesta. La procura contro questa decisione presentò ricorso per Cassazione ritenendo che quanto emerso fino a quel momento non permettesse di indicare i responsabili del ferimento di Scaroni e il provvedimento del gip non forniva i criteri per stabilire precise responsabilità. Da qui «l’impossibilità di proseguire l’azione penale» sfociata nella richiesta di archiviazione. La Suprema Corte ha tuttavia riconosciuto al gip la possibilità, in presenza di elementi sufficienti, di procedere all’iscrizione nel registro degli indagati dei soggetti che, all’esito delle indagini, presentano profili di responsabilità. Per questo l’udienza davanti al gip Sandro Sperandio e al difensore di Scaroni, l’avvocato Alessandro Mainardi del foro di Brescia, è terminata con l’ordinanza nella quale risultano i nomi di una decina di agenti del Reparto di Bologna. «Un’indagine coraggiosa quella della pg di Verona», l’unico commento dell’avvocato di parte civile, «quello che è emerso è che le cose non andarono come furono descritte, non vi furono lanci di sassi e nemmeno di aste a bloccare il treno. Almeno i ferrovieri non riscontrarono nessun ostacolo sui binari, se vi fu tensione fu in seguito alla carica della polizia. Il treno era fermo e Scaroni scese». Entrò da Mc Donald’s al piano terra, comprò la coca cola e tornò verso il treno. «Paolo - ha continuato l’avvocato - stava risalendo quando si trovò davanti gli agenti e lo massacrarono». Il tifoso rimase in coma per mesi, i suoi amici la domenica, invece di andare a seguire la squadra, si riunivano sotto le finestre del reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Verona e cantavano slogan da stadio. Un modo per fargli sentire la loro vicinanza. Solo nell’aprile 2006 Paolo Scaroni fu in grado di parlare con il pm: «Picchiato a lungo e con violenza», disse, «poi sono caduto e sono precipitato nel buio».
FORZA PAOLO...CON TE FINO ALLA VERITA'!
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