EVA MARIA DUARTE PERÒNcenni biograficiEva Maria Duarte nasce a Los Toldos, in Argentina il 7 maggio 1919, figlia illegittima e di famiglia povera. Soffre molto la sua condizione di figlia illegittima, soprattutto perché, spesso viene allontanata dagli altri .
Fin da bambina emerge una forte personalità, sente dent ro di sé la volontà di riscatto, si sente diversa e vuole rimanerlo. Fin dagli anni della scuola Eva sente una forte attrazione per la recitazione e cova dentro di se il desiderio di divenire attrice.
A 15 anni, nel 1935, Eva parte e si trasferisce a Buenos Aires, lasciando la madre e la famiglia per tentare la carriera di attrice teatrale, prima, e radiofonica poi. Si narra di un'Evita poco fortunata, dalle doti mediocri, spesso povera e ridotta quasi alla fame. Ma la tenacia e la volontà di arrivare, la spingono ad andare avanti tra mille difficoltà.
Nel 1939 Eva comincia una serie di programmi radiofonici che le porteranno la celebrità; si alterna nei ruoli di eroine come Caterina di Russia e in quelli di ragazze semplici che si innamorano di giovani altolocati e, dopo storie ed episodi strazianti, riescono a realizzare il sogno.
Alla fine del 1943 Eva conosce Peròn, e il 22 gennaio 1944 i due si rincontrano al Festival del Luna Park di Buenos Aires dove, si dice, abbia inizio la loro storia d'amore. Peròn la ricorda così: " Aveva la pelle bianca ma, quando parlava, il volto le si infiammava. Le mani diventavano rosse a forza d'intrecciarsi le dita. Quella donna aveva del nerbo".
Nel 1945 partecipa all’organizzazione della manifestazione per la liberazione di Peròn, allora Vicepresidente del governo, imprigionato ed allontanato dal potere da una parte delle forze armate. Eva si adopera per mobilitare i descamisados, i poveri argentini, gli operai e i sindacati. Una folla enorme e tutt’altro che rassegnata scese in piazza e, a furor di popolo, Peròn viene liberato.
Alla fine del 1945 Eva e Peròn si sposano e, nel febbraio del 1946, Peròn viene eletto Presidente dell'Argentina.
Eva, da allora assunse un ruolo fondamentale. Si impegnò in battaglie politiche e sociali, la troveremo immersa in opere di volontariato puro, di assistenza e nel ruolo di Ministro. Da Eva comincia a nascere la "Evita" e dall'attrice radiofonica comincia a nascere la Dama de la speranza.
1947 Evita visita l'Europa; si reca in Spagna, in Italia, in Francia e viene ricevuta dal Papa in Vaticano.
1948: Viene creata la fondazione Eva Peròn, che avrà poteri illimitati e campo d'azione senza confini e rappresenterà un nuovo modo di gestire le opere di assistenza sociale. Grazie al suo lavoro intenso ed appassionato, Evita si guadagnerà di giorno in giorno l'amore e l'adorazione delle masse popolari.
1951 La Confederatiòn Generale de Trabajo propone la candidatura di Evita alla Vicepresidenza.
Il 31 agosto Evita è costretta a rinunciare ufficialmente per motivi di salute, in realtà per l'ostilità dell'esercito.
26 Luglio 1952: Evita muore dopo una lunga malattia.
1955 La salma di Evita viene trafugata e scompare senza lasciare traccia. Viene riconsegnata a Peròn nel 1971 quando era in esilio a Madrid. Solo nel 1974 tornerà in Argentina.
EVITA IN EUROPA"Evita rappresenterà le donne argentine in Europa. E noi vogliamo che sia bellissima. Il consiglio che vorremmo darle è quello di pettinarsi con i capelli raccolti, lo chignon è la pettinatura che le sta meglio. Potrebbe dirglielo lei, da parte nostra?": Così un gruppo di donne umili, dalla pelle scura, vestite poveramente, si recarono alla vigilia della partenza di Evita come "ambasciatrice straordinaria" nel Vecchio Continente nella redazione di "Democracia" con la speranza di incontrare la dama della speranza.
Dopo il '46, anno dell'elezione a presidente di Peròn, infatti, Evita diventa la "regina" d'Argentina; da quel momento in poi collaborerà con tutte le sue energie alla causa peronista, e nel '47 sarà la protagonista di una trionfale visita in Europa: in Spagna, Italia, Francia ed infine dal Papa, evento lungamente preparato dalla diplomazia argentina che suscitò vasta eco. I giornali dell'epoca ne danno un resoconto entusiasmante. "Riporto da Roma - dirà la moglie del presidente argentino - un'impressione indimenticabile: in Vaticano tutto respira santità".
Il 6 giugno ‘47, dunque, Evita prende l'aereo per la Spagna, un viaggio "simbolico" e politicamentensignificativo: tornare alle origini con un pellegrinaggio interiore unito alla nostalgia per le sue origine basche. Evita si recava in Europa - si disse all'epoca - per lanciare un "arcobaleno di bellezza" tra i due continenti. E così fu. Tre giorni prima della partenza, però, non mancò di inaugurare il primo dei suoi "pensionati di transito". Un giorno - si legge in tutte le sue biografie - era arrivata a Buenos Aires senza avere un letto dove andare a dormire, adesso altre ragazze come lei avrebbero avuto tutto quello che a lei era mancato. E questo divenne ben presto l'unica ragione della sua brevissima vita, stroncata all'età di 33 anni.
L'accoglienza in Spagna fu regale, come nel resto d'Europa. "La piazza - scrive la Ortiz nella sua biografia "Evita un mito del nostro secolo" - era sempre nera di gente, un fenomeno che al passaggio di Eva si ripeté dappertutto... Più Evita va a sud e più suscita l'idolatria".
Il suo amore viscerale per gli umili e i diseredati non tardò ad esprimersi: a Madrid si intestardì a voler visitare con un caldo infernale i quartieri poveri della città. Agli uomini dal volto scavato chiedeva se avessero un lavoro, si interessava alle malattie degli altri, regalando pesetas e ripetendo incessantemente che non si trattava di carità, ma di giustizia sociale. I poveri - ripeteva - hanno il dovere di chiedere". La sorella, dopo la sua morte, raccontò che Evita non piangeva praticamente mai: "Non versò una lacrima quando seppe che stava per morire, ma di ritorno dall'Argentina, pianse disperatamente mentre annunciava la sua decisione di dedicarsi ulteriormente ai poveri. Pianse quando concesse la pensione ai vecchi. Pianse davanti alla miseria degli abitanti di un villaggio della Cordigliera delle Ande”.
Durante la visita all'Escorial, l'ingenua e istintiva Evita commentò a voce alta: "Quante stanze! Ah, che bel pensionato per orfani si potrebbe fare".
Dopo la Spagna fu la volta dell'Italia. Il 26 giugno '47 prese l'aereo per Roma esclamando: "Adiòs Espana mìa". All’aeroporto della capitale italiana la aspettavano il conte Carlo Sforza, ministro degli Esteri del governo De Gasperi, insieme alla moglie e ad alcuni esponenti del Vaticano. Di fronte all'ambasciata, in piazza dell'Esquilino, Evita fece fronte con austerità e coraggio alla contestazione della cellula comunista che aveva sede di fronte. Il giorno dopo si consumò la visita ufficiale da Pio XII. Il Papa pronunciò qualche parola in spagnolo per benedire la moglie del presidente e poter dire che seguiva con attenzione "il lavoro di Peròn suo figlio prediletto", poi regalò ad Evita un rosario d'oro. Il colloquio durò venti minuti: alla madonna dei descamisados era stato riservato lo stesso tempo dedicato alle regine. All'indomani dell'incontro con il pontefice Evita ricevette a nome di Peròn la gran croce di San Gregorio Magno. Durante un ricevimento offerto da un'associazione femminile rinnovò il suo sostegno per il voto alle donne. " Il mio nome - disse - è diventato il grido di riconoscimento delle donne di tutto il mondo. E' giunto il momento di avere gli stessi riconoscimenti degli uomini". Ma la sua vera ossessione era l'opera sociale ed il volontariato.
Al ritorno in Argentina dirà a Peròn: “L'Europa è vecchia: i palazzi sono molto belli... ma per farne degli ospedali". Dopo l'Italia il viaggio proseguì a zig-zag: Lisbona, Parigi, Costa Azzurra, Svizzera, ancora Lisbona per volare a Dakar dove prenderà la nave per l'Argentina. In Francia la notizia del suo arrivo - racconta sempre la Ortiz - provocherà reazioni alla francese: una via di mezzo tra la galanteria e l'ironia. Certo è che anche lì fu un vero successo: alla piccola Eva Duarte, problemi politici a parte tra Francia e Argentina, venne consegnata la Legione d'Onore. L'ultimo giorno Evita visitò Versailles e la tomba di Napoleone di cui aveva grande ammirazione. La sua visita ebbe come conseguenza inaspettata: il cambiamento del nome di una stazione della metro che da "Obligado" diventò "Argentine". Evita precisò senza supponenza che Obligado non era stata una vittoria dei francesi, come essi amavano credere, ma degli argentini. L'Europa la ricevette come non ha mai ricevuto nella storia nessun'altra donna.
EVITA PERÒNLe umili origini di Eva, l'indigenza vissuta per molti anni la portano ad occuparsi subito dei poveri, dei meno fortunati, del popolo vero e proprio. Sa benissimo che quando si è poveri il tempo passa in fretta, ed in fretta si deve agire. In un garage del palazzo presidenziale
Evita raccoglie beni di ogni genere da distribuire ai bisognosi, chiama questo luogo "Negozio delle delizie", dove ogni cosa viene rigidamente classificata. Subito si instaura con la sua gente un rapporto speciale; arrivano lettere da ogni parte del paese ed Evita vive per accontentare ognuna di esse dalle più importanti alle più frivole.
In questo momento è la passione della donna a prevalere, ancora il senso rivoluzionario del suo agire non si è messo in mostra. Si pensa al quotidiano, ad intervenire con "il cuore" con uno spontaneismo molto forte ma ancora poco efficace.
Dopo il viaggio in Europa Evita torna in Argentina e si mette all'opera, con una forza ed una determinazione senza eguali.
La personalità di Evita comincia ad emergere, comincia a scendere in campo, a dare battaglia e a rivoluzionare tutto ciò su cui mette mano. Il 23 settembre 1947 presenta la legge che riconosce il diritto di voto alle donne, una grossa vittoria per lei, talmente importante che l'11 novembre del 1951, già malata e reduce da una crisi molto forte, un'urna elettorale venne portata ai piedi del suo letto. Era la prima volta in cui le donne argentine partecipavano alle elezioni. "Ecco, ho votato" disse e scoppiò a piangere per l'emozione.
Nel 1949 venne istituita ufficialmente la Fondazione Eva Peròn, opera di assistenza sociale, uno strumento fondamentale che funzionò fino al 1955, anno della caduta di Peròn.
Costruì mille scuole e 18 pensionati in provincia, 4 policlinici a Buenos Aires e altri 9 sempre in provincia. Fondò la città dei bambini, dove i bambini poveri venivano ospitati per potersi finalmente sentire in un mondo a loro dimensione, il quartiere degli studenti, la casa per le ragazze nubili, per le impiegate..."Quante volte le sue visite ad ore assurde per controllare le condizione dei bambini, il cibo, le provviste...".
Grandi opere, importantissime, ma grandi soprattutto nel modo in cui venivano realizzate. In ogni angolo, in ogni sala si respiravano e pulsavano l'amore e la passione per la propria gente. Nessuno di questi edifici poteva risultare freddo o anonimo. Questo il grande dono di Evita: pensava al popolo come a se stessa.
La casa dei bambini, per esempio, non era un edificio a se stante, ma una vera e propria cittadella in miniatura, dove i colori, i disegni, la forma delle finestre, i tetti rossi, facevano percepire serenità e spensieratezza, sentimenti che i bambini dovevano sentire e assaporare dentro di loro.
Lo stesso rispetto, gli stessi sentimenti venivano trasmessi verso gli anziani. I pensionati, le colonie estive, l'approvazione dello statuto degli anziani, fanno sentire in modo forte un nuovo legame che unisce il popolo argentino. Un legame trasversale, che attraversa le generazioni, i ranghi sociali, i ruoli.
Si dice che Evita, il giorno della promulgazione dello Statuto, quando consegnò per la prima volta le pensioni a 1000 pensionati pianse, insieme a loro. Pianse per la gioia di poter assicurare una vecchiaia serena agli anziani argentini, per aver costruito pensionati talmente a misura d'uomo, da desiderare di trascorrere in quel luogo ed insieme a loro, la sua vecchiaia.
E ancora sorsero la casa dell'impiegata, il sindacato delle domestiche, le colonie turistiche che ospitavano fino a 3000 persone, tutte opere necessarie per accrescere il legame comunitario e solidaristico della gente. Questo è un merito fondamentale della politica di Evita. La sua opera non era soltanto un impegno a favore dei più deboli, dei suoi descamisados, ma la volontà precisa di radicare nel profondo del suo popolo un legame molto forte, un senso di appartenenza che travalicasse ogni rivendicazione sociale, uno spirito di unione talmente forte da trasformare la popolazione Argentina in un popolo unito.
Il 26 luglio del 1949, riemerge con forza la volontà di occuparsi delle donne, dei loro problemi, di seguirle da vicino. Questo rapporto, però, si evolve, diventa politico. Evita vuole rivoluzionare anche il ruolo delle donne nella vita politica. Comincia proprio quel giorno fondando il partito peronista femminile, alla cui presentazione accorsero 1000 donne argentine.
Riconosce le condizioni disagiate delle donne nella società argentina; vuole agire in favore delle lavoratrici, sottopagate e sfruttate. Sostiene che la condizione della donna, nella visione della complementarità e della differenza dei ruoli, e dei sessi, deve essere affrontata e risolta dalle donne stesse. Solo chi è attore e protagonista della vita sa affrontare ciò che deve sconfiggere. E' un po' il concetto che emerge dalla sua continua azione in sostegno dei poveri. Lei, che è stata povera, sa cosa vuol dire vivere da povera, cosa sognano i poveri, di cosa hanno realmente bisogno. Sa cogliere le sfumature, capisce che spesso, un gesto appropriato, un dono "frivolo" che accompagna quelli un po' più seri, può donare una felicità, una spensieratezza tali che aiutano a tornare alla propria vita con un “pizzico” di speranza in più.
"In politica la donna deve essere a fianco dell'uomo, ma senza mai permettergli di immischiarsi nei suoi affari..." sostiene Evita; un riassunto molto diretto del pensiero appena espresso.
Il Partito femminile era, in fondo, un'altra sfaccettatura della fondazione. L'aria che si respirava era la stessa, il medesimo spirito, le stesse le intenzioni di base. Era organizzato in province ed ogni delegata provinciale doveva occuparsi del territorio ed agire, riferire ed intervenire come, per e secondo il modo di essere incarnato da Evita. Aiutare il prossimo, rendersi utili alla comunità, agire, lavorare senza sosta e con furore, erano i requisiti delle delegate e le caratteristiche richieste da Evita. Costruire un movimento che trascini il popolo, che gli trasmetta energia, voglia di fare e di occuparsi degli altri per riaffermare, sempre e ancora più forte, l'identità di popolo. Nel 1951 Evita ottiene la presenza di 6 senatrici donne nelle liste elettorali peroniste, un'altra vittoria per un percorso politico sempre agguerrito e rivoluzionario.
Il 25 aprile del 1952 vengono elette 31 donne al parlamento argentino.
La fondazione e il partito femminile, però, non la allontanarono mai dal popolo. Continua ad operare come sempre ha fatto. Ogni giorno riceve migliaia di lettere, si reca, personalmente, presso le famiglie a portare i doni richiesti; si interessa dei bambini più poveri regalando beni di ogni genere e consegnandoli spesso di persona. Evita ha il forte bisogno di sentire il popolo vicino, di trasmettere se stessa e di farsi trasmettere emozioni spontanee, per continuare nella sua opera, senza fermarsi mai. Il tempo, ormai, passa veloce, la malattia avanza ed Evita sa che la fine è vicina. "Quante volte è intervenuta conducendo a casa sua, alla Residenza Presidenziale, dei bambini trovati per strada che si grattavano disperatamente per la scabbia..." "L'ho vista abbracciare i lebbrosi, i tubercolosi, i malati.. l'ho vista stringere tra le braccia degli straccioni e prendersi i loro pidocchi"...e ancora: "Non avevo mai avuto dei pantaloni perché eravamo molto poveri... il primo paio me l'ha dato Evita con le proprie mani mentre distribuiva vestiti ai poveri..."
I lavoratori, i sindacati che, per primi, l'avevano conosciuta quando Peròn era prigioniero, ebbero sempre un rapporto sui generis con Evita. Un rapporto di rispetto reciproco, di collaborazione e fiducia. I sindacati, spesso, inviavano beni alla fondazione; i lavoratori, in alcuni casi, devolvevano parte del salario per sostenere le opere della fondazione. Opere grandi, importanti che, comunque, avrebbero alleviato molte delle sofferenze cui erano sottoposti.
Nel 1950, in prossimità delle elezioni, si pensava, e molti si auspicavano, che la cand idatura di Peròn alla Presidenza coincidesse con quella di Evita alla vicepresidenza. Il 22 agosto era la data fissata per annunciare la candidatura di Evita, ma ciò non avvenne, l'ala militare peronista non volle sentir parlare di questa vicepresidenza ed Evita ebbe il compito di annunciarlo alla folla insistente che voleva sentire, da parte sua, l'accettazione della candidatura.
La malattia di Evita peggiorava ogni giorno di più. Sapeva che il male non l'avrebbe lasciata e si consumava lentamente, lavorando sempre di più per concludere le proprie opere. Il suo cruccio più grande era quello di lasciare Peròn, di non poter continuare ad affiancarlo, ad aiutarlo nell'opera di governo del popolo argentino. Spesso gli raccomandava i "suoi" poveri, temeva che nessuno se ne occupasse come lei.
La morte era sempre più vicina, il popolo cominciava a comprendere e, unito e sofferente, attendeva in strada che un miracolo si compisse. Il 26 Luglio 1952 Evita muore dopo una lunga malattia: nei giorni precedenti Peròn aveva capito che bisognava preparare il popolo alla morte di Evita, tacere la realtà non era più possibile. Un mormorio di preghiere colme di un 'intima speranza si alzava nelle strade, nei villaggi, dal nord al sud dell'Argentina. C'era qualcuno che era disposto ad offrire la propria vita in cambio di quella di Evita....Per tredici giorni il cuore dell'Argentina cessò di battere, la sua ultima volontà era stata quella di riposare in mezzo agli operai e, dopo mille difficoltà, i sindacalisti la accontentarono.
"Ho solo un'ambizione personale. Che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Peròn, di me si dica questo: c'era al fianco di Peròn, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che il popolo la chiamava con amore Evita"